Milano – Corteo nazionale No sperimentazione

Secondo la Questura di Milano 1000 persone, secondo noi oltre 1300, sta di fatto che un fiume di gente si è ritrovata in Via Palestro a Milano per dire No alla ricerca con animali e Si a una ricerca sostitutiva.
I dati forniti dal Ministero della Salute dicono che in Italia ogni anno si utilizzano in 600.000 animali per fare sperimentazione e ricerca medica nei laboratori italiani. Gli animali vengono stabulati, utilizzati negli esperimenti, sottoposti a procedure crudeli e dolorose oltre ogni limite solo per produrre dati che diventano inattendibili se riferiti all’uomo. La scenza che tortura animali nei laboratori è una scenza lontane mille miglia da ogni ragione etica e vicina solo al giro d’affari che genera.

“Ricordiamoci – sottolinea Alessandro Mosso, presidente di Associazione Animalisti Onlus – che la sperimentazione animale è una procedura che non è mai stata validata e come se non bastasse lo stop ai test sugli animali di droghe, alcol, tabacco e xenotrapianti previsto per il 2017 è stato prorogato di tre anni dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato che ha approvato l’emendamento Cattaneo De Biasi. Anche se gli animali non fumano, non bevono e non si drogano, ogni giorno migliaia di loro continuano a subire test per verificarne gli effetti dannosi già noti da tempo: i cani fumano l’equivalente di 266 sigarette al giorno, subiscono iniezioni di droghe nell’addome o nel cervello, o inalano i vapori dell’alcol immobili per giorni interi; altri vengono sottoposti a shock acustici o tattili con pinze e piastre ustionanti.
Gli animali torturati possono solo ringraziare il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, della quale chiediamo le dimissioni, perché non ha rispettato l’impegno sancito nel DL 26/2014 il quale mette al bando i test sulle sostanze d’abuso condotte sugli animali e che ha tenuto conto di un parere di parte, facendo prevalere gli interessi delle lobby farmaceutiche e dei pochi baroni e sperimentatori universitari che spesso sono quasi a fine carriera non hanno alcun motivo di scomodarsi ad applicare i metodi sostituivi di ricerca che all’estero sono già in uso”.

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